LE RADICI DEGLI ITALIOTI

di Aldo Pirone

La scorsa settimana a Berlino si sono radunate circa diecimila persone fra negazionisti, riduzionisti, complottisti, "No vax", "No mask" ecc.. Tutti coerentemente senza mascherina, egemonizzati dall'estrema destra filonazista. Al seguito, però, non mancavano, sebbene minoritari, i citrulli di sinistra. Con la polizia è finita a mazzate, come suol dirsi, visto che non rispettavano le norme di sicurezza anti Covid 19 vigenti anche in Germania. Non è la prima volta che simili manifestazioni di scimuniti hanno luogo in terra teutonica e in altri paesi europei. Anche in Italia ve ne sono state, ma non così numerose. Significa forse che gli italiani sono più impermeabili alle odiose scemenze, alle bugie, alle superstizioni antiscientifiche, diffuse anche da noi dall'estrema destra e in qualche modo rappresentate dal leader leghista Salvini e dalla di lui concorrente in sovranismo nazionalistico e in baggianate un tanto al chilo, "donna" Meloni? No, manco per idea.

Certe tendenze, ancorché minoritarie, non sono privilegio di un'infima minoranza. In Italia si manifestano, con tutte le loro gradazioni, in modo più sotto traccia, viaggiano sui social come una volta nei bar - i siti negazionisti sono balzati da un milione e mezzo a sette milioni di interazioni mensili durante la pandemia - sgorgano dalle tare ereditarie della nostra storia nazionale, corrispondono al fondaccio melmoso rilasciato da secoli di servaggio e di oscurantismo in cui giacquero gli italiani. E, perciò, sono più trattenute nel manifestarsi apertamente da un'altra caratteristica molto diffusa: l'opportunismo. Non che queste tendenze siano più moderate, anzi; a volte, almeno a parole, sono più intimamente violente, basta leggere i social o vedere all'opera i volti torvi dei militanti dei gruppi neofascisti come "Forza nuova" e "Casa Pound".

Il brodo di coltura da cui emergono, però, è sempre quello: l'egoismo più becero. Quel modo di pensare che fa essere molti nostri connazionali giustificatori, ultra comprensivi e tolleranti verso se stessi, la propria famiglia, il proprio clan per atti compiuti e comportamenti disdicevoli, quanto rigorosi, forcaioli e manganellatori verso altri per i medesimi atti compiuti e comportamenti praticati. Anche il rapporto con lo Stato è, in costoro, ambivalente. Ne reclamano l'intervento autoritario e l'aiuto economico corporativo, salvo scagliarsi contro provvedimenti di sostegno sociale verso altre categorie, soprattutto lavoratori e poveri. Al tempo stesso, si offendono e lanciano alte strida se quell'intervento colpisce i propri egoismi di categoria o di classe. Allora diventano sovversivi e anarchici, blaterano di libertà minacciata, quando a essere minacciato è solo il loro egoismo fondato sul personale interesse.

Anche sul piano patriottico la musica non cambia. Gli italiani affetti dal "particulare" guicciardiniano sono nazionalisti, spesso xenofobi per non dire schiettamente razzisti, machisti, antifemministi, anti gay ecc., in generale contro tutti i diversi da loro e, quando credenti, professatori di un cattolicesimo esteriore, superstizioso e paganeggiante. Non a caso non sopportano papa Francesco. Al tempo stesso il loro nazionalismo è pronto a servire, nelle espressioni più estreme, gli interessi stranieri, come è successo con l'occupazione nazista. Oggi si accontentano di Orbàn. Il fascismo, a suo tempo, raccolse e sublimò l'impasto di tutti gli umori regressivi e oscurantisti di questi nostri connazionali. Non a caso Piero Gobetti parlò di esso come "autobiografia della Nazione". Quel fondaccio non è sparito con il fascismo. Ha continuato a infettare le viscere nazionali.

Sul piano dell'espressione politico-partitica la massa più larga dei "guicciardiniani" fu fascista senza troppa convinzione e divenne antifascista senza altrettanta convinzione. E solo quando la guerra voluta da Mussolini la morse a fondo. Il suo mantra, a proposito del regime, fu ed è: "il fascismo ha fatto anche cose buone". Non accettò mai le conseguenze e le responsabilità per aver applaudito Mussolini e lo sputazzò al momento in cui cadde. L'irresponsabilità, insieme al veloce trasformismo, è una delle sue caratteristiche permanenti. E' fornita di un insuperabile fiuto di classe e per questo pragmatica e cinica nelle scelte politiche quanto ideologicamente superstiziosa. Nel dopoguerra accettò la democrazia senza entusiasmo, come un fatto inevitabile, e si nascose prevalentemente nella pancia della Dc perché l'altro suo totem era la paura dei "rossi" che, pensava, portavano via la libertà che per essa era la "roba". Tanto è vero che quando fu chiaro che la libertà non correva pericolo, questa massa di italioti continuò a odiare i "comunisti" anche se questi erano belli e trapassati. Non a caso si sentì di nuovo pienamente rappresentata e liberata alla luce del sole da Berlusconi, il quale l'adunò di nuovo contro i "rossi" che, secondo lui, non erano defunti, ma continuavano, come gli zombie, a vivere in guisa di progressisti. Minacciavano, disse agli italioti, la loro "roba", avendo in mente quella sua.

Visto l'andazzo della sinistra e dei progressisti, fu un timore esagerato.
Gli italioti hanno sempre avuto "in gran dispitto" due parole: mafia e moralità. Con la prima hanno sempre pensato che "bisogna conviverci" e quando sentono pronunciare le seconda, mettono mano alla pistola. Per essi, quelli che la invocano come necessaria nel governo di se stessi e della polis sono solo una banda di ipocriti moralisti.
Oggi, di fronte alla pandemia, per queste loro antiche radici storico-culturali, seguono, dopo il declino elettorale del Cavaliere mascarato, le sguaiataggini di un Salvini e di "donna" Meloni. Non importa se questi loro leader sono palesemente ridicoli, l'importante è che siano contro i "rossi", anche nella varietà del "rosa" tenue.

Sarebbe un errore, però, fermarsi alla condanna morale e al ripudio - sempre necessari ma non sufficienti a contrastare questa cultura - delle urticanti menzogne e delle banalità di costoro. Occorre, invece, confrontarsi con le loro credenze superstiziose, con il loro sentire egoistico, con il loro senso comune "guicciardiniano". Alle paure derivanti dall'irrazionalità egoistica - dalla patrimoniale alle restrizioni per il Covid 19 ai vaccini - l'unica arma da opporre è la razionalità protetta dal buon senso che pazientemente le demolisce con il pensiero e con l'azione politica.

Soprattutto nelle zone e fasce popolari dove esse, ultimamente, hanno allargato di molto la loro presa.