ER TRIONFO DELLA LID

di Aldo Pirone

AnniversariL'attenzione del Pci a non mettere

in difficoltà il fronte laico fu massima

A ogni anniversario è sempre la solita storia. Approfittando della smemoratezza congenita degli italiani - favorita dalla scomparsa dei protagonisti politici di quell'epoca - e, non ultimo, della maggioranza dei giornalisti che occupano i mass media, la cui ignoranza è pari, mediamente, alla loro prosopopea, si riscrive la storia a proprio piacimento. A favorire la cosa è anche una sinistra post comunista che, in tutti questi anni, un trentennio, ha obliterato la propria storia per essere meglio accettata al tavolo di lorsignori.

Nella professione revisionistica si sono specializzati i radicali italiani soprattutto quando la ricorrenza riguarda l'introduzione del divorzio in Italia. Oggi ricorrono cinquant'anni da quando la Camera con voto definitivo approvò la Legge Fortuna-Baslini, il primo socialista il secondo liberale, cui si aggiunse, in sede di esame parlamentare, il contributo non secondario del comunista Spagnoli. Nelle celebrazioni i radicali si impadroniscono di questa legge come se fosse stata tutta opera loro. E' nel Dna radicale fare le mosche cocchiere. Intendiamoci, Pannella e soci non furono ininfluenti e fecero la loro parte nel reclamare un provvedimento legislativo di civiltà e coerente con la laicità dello Sato repubblicano. Tramite la Lid (Lega italiana per il divorzio) sollevarono il problema di introdurre il divorzio fin dagli anni '60. Ma a elaborare la legge 898 e poi a vararla fu uno schieramento parlamentare laico in cui i radicali non c'erano perché non presenti in Parlamento. S'impegnarono molto fuori del Parlamento, invece, a fare dimostrazioni per reclamare il voto palese mentre nel segreto dell'urna i voti a favore della legge aumentavano grazie a qualche deputato non obbediente alla Dc al Msi o ai monarchici del Pdium.

Inoltre, nel trattare il seguito di quella legge, cioè il referendum abrogativo voluto dalla Dc di Fanfani e respinto dal voto degli italiani (circa il 60%) nel referendum popolare del 1974, gli eredi di Pannella hanno sempre detto e fatto intendere che se non fosse stato per la loro fermezza il Pci di Berlinguer avrebbe in qualche modo messo la sordina alla materia del contendere pur di andare avanti nella politica di "compromesso storico" con la Dc lanciata nell'autunno del 1973 da Berlinguer medesimo.

Cosa storicamente del tutto falsa, se non altro per le sproporzioni politiche, non solo numeriche, fra i piccoli radicali e il maestoso Pci. E anche sguaiata considerando lo spessore delle motivazioni e del pensiero dell'iniziativa berlingueriana.

Tanto è vero che la vittoria del NO al referendum aprì la strada alla grande avanzata elettorale del Pci e non dei radicali nei successivi due anni, una sorta di secondo "biennio rosso". Berlinguer disse che quel voto aveva avuto un "effetto liberatorio". Grazie a quel balzo comunista (34,4%) si aprì una grande stagione di conquista di diritti civili: nuovo diritto di famiglia in cui cade la patria potestà e si sancisce la parità dei coniugi nella coppia e soprattutto cade la discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio. Rimane ancora il delitto d'onore ma anche questo crolla nel 1981. E ancora la legge sui consultori e, nel 1978, la legge 164 sull'interruzione volontaria di gravidanza e l'istituzione del Servizio Sanitario nazionale basato sul circuito prevenzione, cura, riabilitazione, balzo in avanti per il diritto alla salute. E ancora la Legge Basaglia sull'abolizione dei manicomi. Tutte cose conseguite in un Parlamento dominato dai partiti della Prima Repubblica che, secondo quanto andava straparlando Pannella, facevano strage e strame della legalità, dello Stato di diritto, della democrazia e varie altre nefandezze.

Nel referendum del '74 in ballo non ci fu solo una legge di civiltà ma il principio supremo della laicità dello Stato, le cui leggi non potevano sottostare a un qualsivoglia dogma religioso. Uno dei più prestigiosi dirigenti del Pci, Paolo Bufalini, cui era stato demandato di impostare culturalmente la battaglia referendaria, ebbe a osservare che la stessa libera e sincera coscienza religiosa doveva ribellarsi al fatto che i suoi precetti "non potevano essere imposti con i carabinieri", negando, di fatto, uno dei fondamenti del cristianesimo: il momento della testimonianza. In questo modo i comunisti lanciavano un ponte verso i cattolici non integralisti, come Pietro Scoppola, che, infatti, si schierarono a favore del NO.

Il referendum fu vinto essenzialmente per due motivi. Il primo, perché la legge in vigore da circa tre anni e mezzo non aveva provocato alcuno sconquasso nelle famiglie italiane, mentre aveva sanato tante situazioni aperte da anni fra coniugi separati, dando fondamento legale a nuove famiglie di fatto che si erano create. Il che, di per sé, rendeva del tutto fuori luogo la propaganda antidivorzista che annunciava sconquassi che non c'erano stati. Si ricorda in proposito l'eleganza di Fanfani che in Sicilia evocò il gesto delle corna per terrorizzare i siciliani, che invece votarono NO tranquillamente come il resto d'Italia meno il Molise. Il secondo, perché prevalse nella campagna elettorale l'impostazione laica del Pci e non quella laicista di Pannella e soci.

I radicali hanno sempre accusato i comunisti di avere avuto un'eccessiva prudenza e anche un certo pessimismo sull'esito della battaglia. Non tutti, per la verità. Berlinguer lo era ma non mi pare che il suo pessimismo nocque politicamente, nel senso che non ostacolò per nulla lo slancio dei comunisti nella battaglia. Berlinguer stesso girò in lungo e largo l'Italia facendo un comizio al giorno. La prudenza, invece, soprattutto prima dello show down fanfaniano, fu un elemento non secondario per mettere alle corde il segretario della Dc evidenziandone l'integralismo arcaico e sanfedista. Lo stesso tentativo condotto dal Pci per evitare il referendum migliorando la legge dal lato del coniuge più debole, come poi avvenne nel 1978, fu elemento importante di un'impostazione politica e culturale che guardava alla condizione materiale dei più deboli, in questo caso le donne, e non solo alla borghesia radical chic. Un'impostazione che concepiva la libertà della persona fondata sull'eguaglianza e sulla "rimozione degli ostacoli di natura economica e sociale" che a quella medesima persona ne impedivano il godimento di fatto. Come dice il secondo comma dell'art. 3 della Costituzione.

L'attenzione del Pci a non mettere in difficoltà il fronte laico fu massima. La conclusione della campagna referendaria fu fatta separatamente. Il Pci concluse la sua anticipatamente con Berlinguer a Piazza. S. Giovanni il giovedì 10 e i partiti laici (Psi, Psdi, Pri, Pli) a Piazza del Popolo il giorno dopo. Parlarono Nenni, La Malfa, Malagodi, Parri e Saragat. Personalmente ricordo che da militante comunista andai ad attaccare perfino i manifesti del Pli che invitavano a votare NO in un quartiere di Roma, l'Appio Claudio, considerato conservatore rispetto a quelli più popolari confinanti: Cecafumo, Quadraro e Don Bosco a Cinecittà.

A cogliere bene la differenza della battaglia comunista rispetto a quella radicale fu, in un sonetto romanesco, Maurizio Ferrara che con Paolo Bufalini andò la sera del 13 maggio a Piazza Navona alla festa dei radicali e della Lid.

Er trionfo della Lid
A Paolo Bufalini

Come se seppe ch'era 'na vittoria
tutta Piazza Navona strillò evviva
mentre sur parco un fregno ciassalìva
volénnose pijà tutta la gloria.

Sotto a lui pe' gonfiàsserlo de boria
'na manica de gente assai lasciva,
finocchi e vacche ignude alla Godiva
a strillà: "Solo noi fàmo la storia".

Poi arrivò un professore de la Cia
Inzurtò er Papa e quelli, mezzi sbronzi,
strillorno in coro: "Tutti a Porta Pia!".

Ar vedélli smanià come li bonzi
Sor Paolo ciancicò: "Bell'allegria,
ce tocca vince pure pe''sti stronzi"