INTERVISTE FANTASMA

di Giorgio Moio

ROLAND BARTHES


- Che cos'è per lei la critica letteraria?

La critica letteraria è una scienza che si avvale di altre scienze,

tra cui la linguistica strutturale, la psicoanalisi e la sociologia, argomenti

che ho riportato in Essais critiques, pubblicato nel 1964. La mia

critica invece, come del resto la mia semiologia, tende alla sistemazione

della scienza dei "segni". Largo uso ne ho fatto in L'impero dei

segni del 1970. Insomma, per me la critica letteraria deve tendere a

diventare una scienza della letteratura che si avvalga di altre scienze:

della linguistica strutturale, della psicanalisi, della sociologia e

dell'etnologia.

- Sin dal suo primo volume, Le degré zéro de l'écriture (1953), si è

imposto all'attenzione del mondo letterario ed accademico. In esso, distinguendo

"scrittura", "lingua" e "stile", si poneva l'attenzione sull'incidenza

del "parlato" nella narrativa contemporanea. Può dirci qualcosa in più?

Inizierei con l'affermare che non esiste linguaggio scritto senza

ostentazione, imprecazioni, stilemi del parlato. La letteratura deve

segnalare qualche cosa, diverso dal suo contenuto e dalla sua forma

individuale, attraverso la quale essa s'impone come letteratura. Ma

deve fare i conti con il linguaggio e la sua struttura nel corso del

tempo storico obbligandolo a significare, dal momento che l'uomo è

diventato un infelice con Leopardi, al contrario di una scrittura unica

come poteva essere quella borghese pre-leopardiana, cioè

classicistica, dove la forma non poteva essere divisa in quanto si

riteneva la coscienza non divisibile.

- Non è che ci abbia capito un granché.

La cosa importante è che d'ora innanzi la forma letteraria potrà

provocare i sentimenti esistenziali che sono connessi al vuoto di qualsiasi

oggetto: senso dell'insolito, familiarità, disgusto, compiacimento,

consumo, uccisione che gli sono connaturali. E questo avviene

solo rifiutando la scrittura (e la sua struttura trasparente) del suo

passato, il segno decorativo (il linguaggio decorativo, inerme) senza

spessore e senza responsabilità.

- Dunque, la letteratura è in qualche modo uccisione, annientamento?

Ma non nel senso letterale del termine. Ogni forma che lo scrittore

trova sulla sua strada, non possono essere distrutti senza distruggere

se stesso. Di conseguenza la letteratura diventa come sospesa

tra euforia e narcisismo, diventa oggetto. È stato Mallarmé a portare

a termine la costruzione della letteratura-oggetto attraverso l'atto

estremo di tutte le oggettivazioni. L'uccisione, di cui abbiamo detto

sopra. Lo sforzo di Mallarmé è volto a una distruzione del linguaggio,

di cui in un certo senso la letteratura non sarebbe altro che il

cadavere.

- La cosa è piuttosto complicata. Ma come è passata la scrittura attraverso

tutti gli stadi di una solidificazione progressiva fino a diventare

sovrastruttura della realtà?

Dapprima come oggetto di uno sguardo, poi di un fare e infine di

un omicidio. Oggi vive la sua ultima trasformazione: l'assenza di

qualsiasi segno fino alla realizzazione di un sogno orfeico: uno scrittore

senza letteratura che segue passo passo le lacerazioni della coscienza

borghese.

- Asoolutamente negativa?

Essa non è lo spazio di un luogo di un impegno sociale, ma solo il

suo riflesso. Il linguaggio è solo un orizzonte umano che instaura più

un limite che un supporto, più una negazione che una positività, perché

alla fine attinge solo nella mitologia personale.

- Dunque, senza stile per una scrittura funzionalista?

Sì, perché lo stile è al di là della letteratura. È una forma senza

uno scopo, in uno spazio ipofisico, di un impulso, non di una intenzione,

di una dimensione verticale e solitaria del pensiero.

- Lo stile è una forma senza uno scopo, destinato ad una usura immediata?

È un'allusione lo stile, un fenomeno di ordine germinativo che si

dirama in profondità. La scrittura o la parola, invece, ha una struttura

orizzontale, i suoi segreti sono sulla stessa linea dei suoi termini.

Nella parola tutto è offerto, trascinando verso un senso abolito dalla

storia, dimostrazione dell'impegno politico e storico della lingua letteraria.

Lo stile è sempre un segreto racchiuso nel corpo dello scrittore,

una specie di meta-letteratura innalzata a potenza assoluta e

magica.

- Cosa potrebbe favorire oggi un linguaggio costruttivo?

Esperienze e sperimentazioni diverse, sostituire all'istanza della

realtà, al mitico alibi che ha dominato e domina tuttora la letteratura,

l'istanza del discorso. Il campo dello scrittore è la scrittura stessa,

non come forma pura dataci dall'estetica dell'arte per l'arte, bensì

molto più radicalmente come solo spazio possibile di chi scrive.