DIARIO DAI GIORNI DELLA PESTE 

di Dino Villatico

Di cari inganni il desiderio è spento.

Puoi riderne, puoi, vanamente vinto,

lamentartene. Ma là dietro, dopo

il battito che schiude la finestra,

lei ti guarda, ti aspetta, non potrai

nemmeno prospettarle la richiesta

di un rinvio. Verrà l'atteso buio.

E non t'importerà vederlo. L'occhio,

che tu lo voglia, o no, sarà sbarrato,

ma la pupilla non vedrà più niente.

Cantalo, adesso, l'inno che credevi,

da bambino, ascoltato da qualcuno.

Nemmeno questi versi ti potranno

salvare dal silenzio in cui sprofondi.

Fiano Romano, 25 novembre 2020


2.

Sto male. Ma che lingua, che modello

di comunicazione usare, solo

per dire: sì, sto male? Quale verso?

Forse l'endecasillabo, il quinario?

O il verso che t'illude di potere

disporre di una illimitata e sconcia

libertà? Ma poi quale, nell'angoscia

che ti mozza il respiro? Il verso straccia

la tua consuetudine di perdente

nel gioco della vita, ti spalanca

una menzogna che assomiglia troppo

a una chemioterapia precoce

per riuscire a guarirti dal tuo male.

A socchiudere l'uscio dell'uscita.,

basta sbirciarvi di sottecchi; dietro,

chi t'aspetta non manca al convenuto

appuntamento. Sta là, non ha fretta:

il suo momento è sempre quello giusto.

Fiano Romano, 24 - 25 novembre 2020


3.

C'è una lingua della disperazione?

Seneca suggerisce di tacere:

Curae leves loquuntur, ingentes supent.

Stupiamo. Sia la maschera che tace

il linguaggio che esprime lo stupore

di vivere. Se del finire lingua

non c'è data che ne registri ancora

la sua irripetibile esperienza,

a quell'irripetibile silenzio

è dannato anche l'ultimo sospiro.

Fiano Romano, 26 - 28 novembre 2020


Epilogo a un negazionista

Chiedi a chi lascia, a chi è lasciato, il conto

dell'inespressa sofferenza. Chiedi

al recluso in un letto d'ospedale

quale abbia la libertà sapore,

o frenesia di vincoli spezzati.

Chiedi al silenzio di chi sente

otturato il respiro, di chi mani

non ha per ritagliare in gola un varco,

chiedi a chi non può chiederti un po' d'aria

per arrestare il suo soffocamento,

e chiedi a chi non sa soffiare l'aria

che gli darebbe finalmente voce,

chiedi a costoro, ignoto sprezzatore,

che cosa sia l'andarsene in silenzio,

senza un saluto, senza una carezza.

E poi parlami, schiavo di te stesso,

della tua libertà, dimmi se sai

che cosa sia la libertà degli altri:

quella, almeno, che non li fa morire.

Fiano Romano, 30 novembre 2020