SCENA, RETROSCENA E VIA MAESTRA

di Aldo Pirone

La latente crisi di governo è in pieno corso

La latente crisi di governo è in pieno corso. Com'era prevedibile si susseguono interviste dei protagonisti, e questa è la scena, e ricostruzioni, e questo è il retroscena, del loro vero pensiero da parte dei giornalisti specializzati in materia. Sarebbero i cosiddetti "retroscenisti", deputati non solo a far sapere le vere o presunte intenzioni dei leader primari e secondari dei partiti ma anche a far pervenire ai propri avversari-interlocutori i "pizzini" con le velate minacce o, in alternativa, le lusinghe per accomodare una situazione di governo che può sfuggire di mano.

A illuminare la scena domenica sono state principalmente due interviste di ministri del Pd: Gualtieri e Amendola. Tutte e due hanno fatto presente che se finora il processo di definizione del Next Generation Eu, alias Recovery plan, era nei tempi richiesti dall'Europa ora, da quando Renzi ha lanciato la sua sfida a Conte, si rischia il ritardo. "Vedo il rischio - ha detto il Ministro dell'economia - che i tempi del legittimo confronto politico ci facciano ritardare la finalizzazione del Recovery Plan [...] bisogna chiudere in fretta la fase del confronto tra i partiti iniziata i1 5 novembre in modo da approvare quanto prima la bozza di piano e aprire su di essa il confronto in Parlamento e nel paese. Spero che nessuno pensi di sospendere questo lavoro fino a dopo le feste. Non possiamo permetterci altri indugi". Dal canto suo Amendola, Ministro per i rapporti con l'Europa, ha confermato l'allarme. "Non eravamo in ritardo, - ha detto- adesso però rischiamo di esserlo [...] La definizione del nostro Piano di rilancio è ferma al Consiglio dei ministri dal 7 dicembre".

Ciò significa che l'azione di Renzi ha già determinato danni seri provocando sul fronte delicato degli aiuti economici europei, più che mai urgenti, la paralisi del governo Conte.

Bisogna uscirne subito. Ma come?

E qui, il giorno dopo, sono intervenuti i "retroscenisti". Sul "Corriere della sera" lo specialista dei "dietro le quinte" F. Verderami ci informa che il ministro Franceschini dice a Renzi: se fai cadere il governo si va alle elezioni anticipate e che il fronte progressista ci andrà con uno schieramento a quattro gambe, Leu, Pd M5s, Lista Conte. Che l'alternativa sarà o Conte o Salvini. Tu sei fuori. Con la destra ce la giochiamo nel paese, soprattutto nei collegi uninominali. Zingaretti dal canto suo, ci fa sapere Stefano Cappellini su "la Repubblica", è sostanzialmente d'accordo anche se meno preciso. L'asse strategico del segretario dem (e del suo consigliere Bettini), secondo Cappellini è l'intesa fra Pd e M5s. L'avvertimento di Zingaretti a Renzi è che se cade il governo "il Pd non ha intenzione di partecipare - riporta il giornalista - a formule di governo tecniche o di cosiddetta unità nazionale": quelle bramate dal "Micron" di Rignano. E a chi storce la bocca tra i suoi sull'intesa con i grillini, Zingaretti fa sapere quanto segue: "trovo curioso che molti di quanti contestano l'innaturalità del governo con il M5S siano gli stessi che ora ci propongono di farne uno con Salvini e Meloni".

Insomma, il capodelegazione dem al governo e il segretario del Pd dicono a Renzi di non farsi illusioni perché se tira la corda fino a spezzarla, dopo ci sono solo le urne. E che loro hanno carte da giocare. Inoltre, subito si andrebbe in parlamento dove "il bomba" sarebbe inchiodato alle sue responsabilità. Dopo queste uscite e queste prospettive, ieri ci sono stati da parte di Italia viva segnali distensivi. Ovviamente, dicono la Bellanova e Rosato autorizzati da Renzi, è perché Conte sta facendo marcia indietro sul Recovery plan e sulla cabina di regia. Ma tutti sanno che quelli erano pretesti: il bersaglio grosso era Conte. I toni usati dal leader di Iv non lasciavano dubbi. Comunque, vedremo come finirà anche in merito ai pretesti e alle cose irrinunciabili presentate nel papello renziano.

Se la maggioranza dovesse ricompattarsi, il sollievo sarebbe momentaneo e la questione non finirebbe qui. Perché con il "virus Renzi" incorporato, che era in nuce fin dalla formazione di questo governo, i "nostri eroi" non potranno conviverci a lungo senza un vaccino efficace. Sono prevedibili altre ondate di mattane renziane volte a logorare Conte, il governo e i suoi partecipanti: ministri e partiti che li esprimono. Si fa delle pie illusioni chi pensa di poter separare queste cose, com'è accaduto agli "apprendisti stregoni" che in questa occasione hanno incoraggiato "il bomba" per mettere giudizio a Conte. Inoltre, è prevedibile che le iniziative demolitorie del rignanese si facciano più virulente con il "semestre bianco" al riparo dello scioglimento delle Camere.

Il virus Renzi si estirpa solo con il vaccino delle elezioni cui andare con lo schieramento in parte prefigurato da Franceschini.

Quando? E' difficile prevederlo ma l'occasione andrebbe colta quando Renzi farà la prossima sortita. Una volta avviata la vaccinazione di massa anti Covid 19 e concordato il Recovery plan con la commissione europea, dopo, ogni occasione potrebbe essere buona.

Il problema, però, non è tanto la tattica con cui fronteggiare Renzi, il problema è la determinazione e la convinzione di Pd e M5s di prendere il toro per le corna. Il problema è se il Pd riuscirà a mettersi a disposizione per la nascita di una "cosa nuova" a sinistra. Un soggetto ampio, unitario e popolare che elimini le tossine renziane, che sappia accendere le speranze e la fiducia nell'elettorato progressista e astensionista mettendo in campo una nuova classe dirigente che inizi a obliterare quella onusta di tante sconfitte politiche e morali. Qui, a parte le lamentazioni del buon Bersani - che forse potrebbe fare di più oltre che invocare l'avvento natalizio - il ritardo è assoluto e il buio è pesto. Per sconfiggere la destra becera e quella con le buone maniere di lor signori bisogna combattere nelle periferie urbane e sociali, riconquistare un popolo perduto, strapparlo passo passo a Salvini e Meloni. E questo è possibile solo se in quel popolo ci s'immerge e lo si organizza, ricostituendo con esso quella "connessione sentimentale" di cui parlava Gramsci.

Sempre che quei sentimenti si abbiano.